Questione di ghiere

Guardando dall’ alto una EOS 700D ed una EOS 7D, c’è qualcosa che salta subito all’ occhio: nella 7D manca qualcosa.

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EOS 7D vista dall’ alto.

O meglio, nela 700D c’è qualcosa di troppo.

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EOS 700D vista dall’ alto.

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Particolare dell’ impugantura della EOS700D

La Canon EOS 700D, pensata per uno pubblico amatoriale, sfoggia una ricca “zona base” che comprende i programmi automatici (full auto / ritratto / paesaggio / macro / sport).

Come recita il manuale utente 700D, in queste modalità “È sufficiente premere il pulsante di scatto. La fotocamera imposta automaticamente l’immagine per il soggetto o la scena.”.

In altre parole, siamo totalmente alla mercè del processore Digic, che scatterà la foto per noi.

 

La EOS 7D è destinata invece ad un pubblico semi-professionale.
Non è una reflex da usare in automatico, quindi la zona “base” è ridotta all’ osso.

Nella zona “creativa” della ghiera troviamo le modalità B (bulb) / M (manuale) / Av (priorità del diaframma) / TV (priorità dei tempi) / P (esposizione automatica), oltre alle funzioni “custom” C1/C2/C3, con cui possiamo registrare le impostazioni a nostro piacimento.

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La ghiera di selezione della EOS 7D

Sulle reflex Canon, il programma P è definito “automatico” ma è in realtà molto flessibile: la velocità dell’otturatore e l’apertura vengono impostate automaticamente (ma si possono modificare al volo), mentre la modalità AF, la modalità drive, il flash incorporato e altre funzioni si possono impostare manualmente.

Nell’ area dei programmi automatici, per la EOS7D, rimangono solo il classico rettangolino verde canon “full auto” e la modalità “creativa automatica” CA, che (come da manuale utente 7D) ci lascia modificare impostazioni come luminosità, profondità di campo, tonalità colore.

Il resto della ghiera, per un fotografo evoluto, sarebbe inutile, ed è quindi vuoto.

Ecco cosa manca, ecco cosa sarebbe di troppo.

La differenza tra una reflex base e una semi-professionale, insomma, è anche una questione di ghiere.

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